Io sono foglia - Piccole istantanee di mondi interiori
rubrica: I giardini che siamo
In questi anni di lavoro come ortoterapeuta ho avuto modo di sperimentare tecniche e approcci diversi a seconda della tipologia di persone a cui mi sono rivolta: anziani in RSA, adolescenti con disagio socio-psicologico, ospiti di centri diurni con compromissioni cognitive più o meno importanti, donne in difficoltà; ogni volta una sfida diversa, partendo tuttavia sempre dal potenziale di cui le persone dispongono, per concentrarmi sulle aree di miglioramento possibile e facendomi da “mediatrice” in un percorso di avvicinamento prima, e supporto poi, attraverso la Natura.
E poi è stata la volta di un laboratorio con bambini, di età compresa tra gli 8 e i 10 anni, affetti da diabete di tipo 1, dotati di supporti elettronici che permettono loro di monitorare costantemente i livelli di glicemia e capaci di gestire giornate frammentate tra la scuola, le molteplici attività e la costante allerta scandita dal suono dei dispositivi che segnala in modo inequivocabile il fabbisogno di insulina e quindi la necessità di intervento e di supporto da parte del care-giver presente, non necessariamente sempre un genitore.
D’abitudine la pratica dell’ortoterapia presuppone un percorso di una certa durata nel tempo, con l’obiettivo di entrare in relazione con i destinatari, creare ponti, accompagnare lungo un iter di cui si possa, infine, poterne misurare risultati raggiunti in termini di benefici di natura fisica, psicologica, sociale, a seconda delle persone con cui si lavora. Essendo tuttavia la richiesta in questo caso molto diversa dal solito, più vicina ad un laboratorio nel verde che ad una sessione di ortoterapia vera e propria, mi sono chiesta cosa potesse essere di supporto per questi bambini la cui vita ha richiesto loro di imparare a convivere con una malattia di non facile gestione quotidiana; soprattutto in un’età dove il pensiero è rivolto ad altre esigenze, ben lontane dal tema vita/morte a cui, invece, loro malgrado si sono dovuti abituare.
Ho pensato ai loro mondi interiori, ai loro universi, a quanto potessero essere densi di parole provenienti dal gergo medico e a quanto possa essere complicato per un bambino sentirsi e sapersi diverso per tutto il corollario gestionale che la malattia comporta.
È un terreno tutto nuovo, questo, in cui mi trovo ad operare, tutto mio, all’incrocio tra discipline diverse che tuttavia sento profondamente legate tra loro da una grammatica comune: ortoterapia e letteratura utilizzano l’una gli elementi della natura, l’altra gli elementi lessicali, entrambe col fine di tracciare solchi nel pensiero, talvolta nuove rotte che restituiscano dignità a percorsi di vita. A parlare di Natura e Letteratura, talvolta, il pensiero sfuma, sembra inafferrabile e a me pare, qualche volta, di camminare pure sulle uova; e se per la prima è chiaro cosa si intenda, non sempre lo è per la seconda, soprattutto quando si parla di albi illustrati; una sfida nella sfida, insomma, avendo l’ardire di sostenere e divulgare il fatto che un genere letterario relativamente nuovo, appartenga alla consolidata tradizione della Letteratura, appunto; ma rilancio, sostenendo anche che se di buona letteratura vogliamo parlare, questa travalica generi e generazioni e che quindi valga la pena osare e proporre l’albo illustrato a quante più categorie possibili di persone.

Ho pensato ai loro mondi, dicevo. Fatti di giornate buone e meno buone; di alti e di bassi; di limiti da superare e di limiti entro cui permanere; ho pensato alle loro piccole, laboriose e coraggiose manine che, abili e leggere come foglie, si destreggiano tra dispositivi digitali e pennette di insulina, strumenti fondamentali e aiuti preziosi per la loro quotidianità; e il pensiero è andato a “Io sono foglia”, albo meraviglioso, Premio Andersen 2021, scritto da Angelo Mozzillo (@ange.moz) e illustrato da Marianna Balducci (@mariannabalducci_chidisegna) per @bacchilega_junior.
“Un giorno sono vento. Un giorno sono spento.
Un giorno solleone. Un giorno l’acquazzone.
Un giorno sono gioia. Un giorno solo noia.
Un giorno l’avventura. Un giorno un po’ paura…”

Inizia così, per contrasti, la storia di un bambino come tanti, dall’aspetto vispo e monello, che da subito ci fa simpatia, per il suo correre e spostarsi tra le prime pagine, a sfondo bianco, su cui troviamo, a fargli compagnia, tra varie pose e posture, solo foglie autunnali (screziate, stropicciate e bucherellate) che dapprima rincorre e con cui poi gioca, facendole diventare di volta in volta amaca, ombrello, tappeto, aquilone, nascondiglio, veliero… Il lettore, e con lui i bambini, vengono traghettati in un mondo che conosciamo bene e che accomuna moltissime generazioni: quello della fantasia che anima qualunque cosa, quello del “facciamo finta che…?” a cui tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo giocato. La fantasia del bambino è esilarante e trabocca in questo albo, dove con poco si fa tutto e con “quasi niente” ci si diverte un sacco.
C’è una saggezza montessoriana nell’ordine e nella semplicità ricercata delle illustrazioni, nei soli toni del grigio, nero e arancio, che ben si coniugano con i colori caldi e dorati delle foglie che sono materiche poiché fotografate dal vivo e successivamente trasposte sul foglio e abbinate ai disegni a matita, in un mix di tecniche tradizionali e digitali che Marianna Balducci padroneggia sapientemente. Pagina dopo pagina, per mezzo di iperbole e litote, le foglie si allungano, ingigantiscono e rimpiccioliscono; si trasformano in qualcos’altro, per creare scenari e opportunità in cui il protagonista si cimenta, passando dal sentirsi destriero all’essere condottiero, dal sentirsi un giorno nulla ad un altro come una rockstar, attraverso le rime semplici e immediate di Angelo Mozzillo, che con versi schietti, comprensibili e riconoscibili dall’universo del bambino stesso ci porta nel quotidiano del protagonista. E poi c’è il corpo di questo bambino che si muove, danza, si concede di essere dritto e poi di sbieco, curvo e retto: sperimenta la propria autonomia nello spazio in cui ha potere decisionale, di andare e di tornare, per rientrare poi alla ricerca di un porto sicuro. Impossibile non amarlo.
E tu che mondo sei? In quale mondo ti rifugi? Poche domande successive alla lettura e pochissimi materiali naturali curati (petali e foglie accuratamente essiccati e selezionati per colore da utilizzare come fossero illustrazioni a cui abbinare pochi tratti di carboncino o pennarello a punta fine) sono sufficienti ad innescare processi creativi che danno origine a universi sorprendenti e meravigliosi: Amicizia, Nuotando, Basket, Sotto la pioggia, In mare... sono alcuni dei titoli dei “mondi di foglie” che per magia emergono, come Mondi di Acqua tra flutti e fondali marini, ricchi di tesori, e Mondi di Aria, tra insetti, uccelli, fate, ombrelli, palloncini e aquiloni; poesie, parole e immagini commoventi, perché chi è lasciato libero, anche di annoiarsi, sa immaginare possibilità e situazioni sorprendenti, punti saldi da cui ripartire ogni giorno.
È stato bello conoscersi così, a metà strada tra il loro mondo reale e i loro mondi immaginari, leggere e giocare insieme, per imparare ad essere davvero ciò che si desidera. Io sono foglia è un albo che consiglio perché induce a meccanismi di rispecchiamento, porta leggerezza e libera il potenziale dei bambini, aiutandoli ad accettarsi per come sono. Cosa dire, infine, dell’ultima pagina? Un’occasione unica per parlare di cura, di amore e di chi sia il nostro "ramo" nei momenti di difficoltà perché…
“Un giorno sarò foglia
Se un giorno sarai ramo”
Testo di Milena Bellonotto (@ventodifogli.e)
In foto: Illustrazioni di Marianna Balducci
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