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Racconto sensoriale: camomilla e calendula


Le nuvole son passate. Stamattina presto hanno salutato e sono andate via. Hanno lasciato campo libero al sole, che quindi mi ha invitata a fare una passeggiata per raccogliere i primi fiori: la camomilla e la calendula. A dispetto della loro natura calmante, si vede proprio che non stanno nei petali, da quanto hanno voglia di sbocciare. Già fanno l’occhiolino alla primavera.

Esco senza il cappotto, indossando scarpe leggere, e portando con me due piccole buste di carta per la raccolta.


Incontro prima la camomilla, che delicata si presenta in colonie più o meno piccole, sparse lungo i sentieri invasi dai primi radi cardi spinosi. Come vedere accostati una dama bianca e un goffo troll armato di ascia.

All’inizio i fiori di camomilla sembrano tutti uguali: cuore giallo limone e corolla bianca. Man mano che vado a toccarli e a osservarli, noto delle micro-differenze: alcuni petali sono più affusolati, o più distanti fra loro. Oppure ce ne sono altri coi petali abbassati, che mi ricordano a volte i gatti diffidenti, a volte i bimbi appena usciti dalla doccia, coi capelli tutti appiccicati in testa e la smorfia di freddo.

Occorre essere delicati nel raccoglierli, chiedere il permesso e ringraziare. La natura è gentile e con gentilezza va trattata.

Riempio mezza busta di camomilla, sentendo il sole scaldarmi fin dentro le ossa. Il profumo intenso mi fa visualizzare già da ora la tisana calda che mi godrò non appena i fiori saranno seccati.


Cammino ancora qualche centinaio di metri per arrivare al pianoro che si trova poco prima di metà collina. Il cisto dorme, e le sue foglioline lunghe e scure ancora non sognano i fiori. Davanti a me un’immensa distesa di calendula. La corolla è formata da un giallo che riscalda. Le sue foglie pelosette mi provocano tenerezza e mi fanno sempre venire voglia di toccarle, come a carezzare un animale da compagnia. L’imbarazzo della scelta mi porta ad andare di pianta in pianta per raccogliere il fiore dal calice appiccicoso e di cui apprezzo particolarmente l’aroma. È un odore sfuggente e ruvido che mi sfida ad acchiapparlo e a riconoscerlo in mezzo a tanta verde varietà invernale.


Ed è mentre raccolgo la calendula che accade il piccolo miracolo della giornata: un frullo leggiadro d’ali che sbattono, una macchia bruna che si muove fra i cespugli bassi di lentisco mi spaventa e mi mostra - meraviglia! - lo spiccare in volo di una pernice. Animale che normalmente zampetta veloce tra gli alberi della campagna. Il suo un gesto assai raro, quindi, che sento arrivato a me come un segnale, un messaggio per il preciso momento che attraversa la mia vita: spiccherò il volo anche io?



Testo e fotografia di Carla Marcialis (carla_marcialis_)



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