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A proposito di affetti: il cibo.

  • lachanceria
  • 14 mag
  • Tempo di lettura: 2 min

Mia madre cucinava in modo sublime e mio padre (e il resto della famiglia, in realtà) era un'ottima forchetta.

Questo significa che i pranzi si traducevano in una permanenza gradevole di chiacchiere, primi, secondi, contorni, frutta e dolci.

Anche nella preparazione di questi ultimi, lei eccelleva: torta di ricotta, di mele, ai savoiardi, fritture varie, zeppole in carnevale.

Sistemava in cucina un catino di terracotta, pieno di impasto messo a lievitare e coperto da un panno che noi sorelle avevamo il compito di sollevare di tanto in tanto.

Quando la pasta si attaccava al tessuto, l'impasto lievitato era ormai pronto per la cottura.

A quei tempi mangiavamo di tutto, ma in seguito io ho fatto scelte alimentari diverse, rinunciando agli animali e suscitando lo sconcerto dei miei: ma per affetto anche quella condizione è stata accettata.

Purtroppo, durante un Natale a cui mio padre non partecipava, essendosi già recato nei Luoghi Alti, mia madre, ricordando quanto un tempo mi piacesse, cucina quel piatto che i cagliaritani chiamano "coniglio a succhittu".

Quando lo vengo a sapere, resto basita e penso a come sottrarmi.

Ma una delle mie sorelle mi avverte: "Mamma ha comprato il coniglio soprattutto per te".

Allibisco ulteriormente: lei ricordava solo i miei gusti passati.

E allora, in quella Notte di Natale, ringrazio il coniglietto per la sua bontà, gli chiedo perdono per la vita che gli è stata sottratta e mangio quel cibo in onore di mia madre.

A ripensarci adesso, mi consola non averla delusa: lei, infatti, è andata via non troppo tempo dopo.

E sicuramente, nei Luoghi Alti, si saranno riconciliati, lei e il coniglio, nello splendore innocente delle anime buone.



Testo di Gloria Lai (Le fiabe di Gloria Lai)

Fotografia di Chiara Carlini (chiarasogni)


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