Editoriale di Marzo
A cura di Tamara Barbarossa
"Un albero su tre si accende della più tenue ma limpida, eterea luce, quasi fosse la brina più delicata in un mattino d'inverno, che non riflette calore, ma sola luce."
Ebbene sì, per scrivere l'editoriale del mese di marzo mi sono lasciata ispirare da Daria Scarietto che questo mese, sul blog22, ci propone la recensione del testo da cui ho estrapolato queste poche righe: "Ascoltare gli alberi" di Henry David Thoreau.
Mi sento entusiasta a passeggiare per boschi, a riscoprire ogni primavera come le cose si rinnovano da sé, senza che l'uomo ci metta lo zampino. Nei giardini e balconi è tutta un'altra storia, freme un gran da fare, si zappa, si rastrella, si sminuzza il terreno con il sarchio, si pianta, trapianta e semina, si gioisce ad ogni germoglio che spunta. Nei boschi invece gli alberi di latifoglie sonnecchiano ancora un poco, sognano chiome folte e fruscianti anche se ancora non è tempo. Il tiepido sole invece, senza alcun intoppo, giunge sino al suolo mentre il sottobosco, in onore del gran risveglio, si agghinda di piccoli fiori che sembrano essere fatti di mussola o seta, quella dei più raffinati scampoli d'oriente.
Sono gli anemoni che d'improvviso spuntano sotto gli strati di foglie marcescenti. Grazie al gioco del chiaroscuro, spennellato dal bosco come fosse un abile pittore, a tratti, flebili fasci di luce li sorprendono, rendendoli magicamente eterei.
Si direbbe che gli anemoni siano fiorellini da nulla, ma in massa fanno il loro effetto,
e certamente lo pensavano anche gli etruschi che vedendoli fiorire così spiritualmente sui tumuli delle necropoli, li associavano alla morte.
"Muscolo floreale che all'anemone
schiudi l'alba dei prati a poco a poco
finché da cieli sonore nel suo grembo
si riversa la luce polifonica..."
(Rainer Maria Rilke)
Tra l'erba non ancora rinnovata, anticipando il bel tempo in arrivo, spuntano non solo anemoni ma anche mammole, ciclamini e primule. Ogni volta che mi capita di incontrare un piccolo cespo di quest'ultima penso alla leggenda bretone sulle fate. Nasce dal loro popolo l'idea che certe antiche rocce siano portali per il mondo Fatato. Soglie invisibili all'occhio umano, ma oltremodo ricercate nonostante fosse ampiamente sconsigliato avventurarsi in quei luoghi magici, non perché le fate fossero crudeli, solo era noto a tutti che nel loro mondo si potesse perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Ci si poteva dimenticare persino di mangiare, bere o dormire, scivolando per sempre dall’altro lato della soglia. Ma se tu fossi ugualmente temerario, tanto da volerci arrivare, ti basterebbe un mazzo di primule da sfregare sopra il portale roccioso, allora la soglia sarebbe facilmente oltrepassabile.
Trovandomi invece nella già assolata Sicilia, piuttosto che alle fate nordiche, gli sterminati campi di asfodeli che precedono il bosco, ricordano gli imminenti giorni equinoziali, annunciano che Proserpina è sulla via del ritorno. Immagino che la dea ultimamente si senta un po' stranita poiché ad accoglierla non ci sono le ultime fredde folate di tramontana e nemmeno la benefica pioggerella primaverile, rappresentativa del mese di marzo. Ormai o tarda ad arrivare oppure assume l'aspetto di violente piogge monsoniche che lentamente trasformeranno il territorio.
Ma noi dalla nostra abbiamo Unfioreladomenica che con i suoi articoli ci ricorda che stare dalla parte della natura significa salvaguardare anche la nostra vita.
Testo e fotografia di Tamara Barbarossa (@tamara_barbarossa)
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