Illuminare i pensieri e narrare storie per creare Giardini, nel cuore, soprattutto.
- lachanceria
- 16 giu
- Tempo di lettura: 10 min
rubrica: I giardini che siamo
Da quando ho intrapreso questo viaggio, tra ortoterapia, laboratori didattici nel verde, albi illustrati e racconti a tema natura e giardino, la metafora che accomuna scrittore e giardiniere mi ha accompagnato spesso: entrambi curano e coltivano anime e storie, custodiscono, disseminano, diffondono semi e racconti, coltivano parole e piante. A sostegno di questa tesi mi è venuta in aiuto la lingua giapponese, dove il termine KOTOBA – ovvero PAROLE - è composto da due ideogrammi: uno che significa Dire e uno che significa Foglie. Se il sostantivo PAROLE in giapponese equivale a “DIRE FOGLIE”, allora, prendendo in prestito la capacità metaforica insita nella cultura dei kenji, per estensione, potremmo sostenere che un Discorso è un Albero e che un Racconto, forse, possa essere paragonato ad un Giardino!
Come le foglie che contribuiscono pertanto a formare un albero - elemento per eccellenza di connessione tra Cielo e Terra - così le parole contribuiscono a creare discorso, comunicazione, alla base della connessione tra esseri umani ma anche, in parte, della connessione con il Divino. E perseguendo questa logica, infine, non posso fare a meno di pensare a possibili connessioni tra questo Albero delle Parole (o dei racconti, come ne Il Giardiniere dei sogni di cui ho parlato in precedenza qui) con l’ Albero della Conoscenza, di biblica memoria e con l’Albero della Vita - a cui le anime ritornano dopo il Giudizio universale - capace di nutrire e rigenerarsi; perché ogni seme, attraverso il frutto, si trasforma ed è potenzialmente un altro albero, così come ogni racconto, ogni narrazione apre ad altre vite e ad altri incontri.
La Natura e l’Albero, in particolare, si prestano a divenire archetipi potenti, da tempi lontanissimi: Un albero dentro il nostro corpo, un breve articolo a cura di Alfredo Lacerenza, psicologo, ci ricorda che siamo come alberi già a partire dalla nostra conformazione neuronale che concorre a creare sinapsi le quali, per analogia, riportano le ramificazioni tipiche di un fiocco di neve al microscopio o a quelle di un albero dalla folta chioma. Se il concetto di Natura è insito nella natura umana, è quindi normale che autori e artisti ne parlino attraverso narrazioni, rappresentazioni, illustrazioni, poiché non fanno altro che ascoltare un richiamo interiore e adempiere al compito di risvegliare la Natura che è in noi, obbligandoci ad andare in profondità per nutrire letteralmente il nostro essere attraverso poesie, romanzi, albi illustrati, opere pittoriche.

Illuminante, a questo proposito, è il romanzo contemporaneo La Donna Abitata di Gioconda Belli (edizioni E/O). Ambientato in Nicaragua durante la rivoluzione Sandinista, il romanzo narra di due donne lungo un percorso di crescita verso la consapevolezza: la prima, Lavinia, una donna moderna, appartenente all’alta borghesia e alter ego della stessa autrice, che a poco a poco si impegna politicamente per la liberazione del proprio paese schierandosi dalla parte dei più poveri, in parte “guidata” e “assistita” dalla seconda donna, che, sotto forma di spirito-guida, abita l’albero di arance del giardino di Lavinia; Itsa – questo il nome della seconda donna – è una antica nativa che a suo tempo ha combattuto contro i conquistadores spagnoli proprio sullo stesso suolo dove Lavinia combatte la sue battaglie. Le corrispondenze, i rimandi e una sorta di dialogo silenzioso tra queste due donne accompagnano tutto il romanzo dove la Donna abitata, Lavinia, eredita lo spirito guerriero di Itsa, la donna-albero che produce i frutti attraverso cui infonde nella protagonista l’antica saggezza e il coraggio di vivere un amore passionale, che si intreccia nel corso della vicenda alla guerriglia e all’impegno politico.
La letteratura è un mezzo molto potente che consente di interpretare e dare voce alle proprie esistenze; Erving Polster, Docente di Psichiatria e autore di “Ogni vita merita un romanzo”, attribuisce al racconto un potere curativo che va ben oltre l’immaginabile; egli sostiene che raccontare, come un atto rigenerativo, ci rende - per così dire - “protagonisti” della nostra vita. Per me l’incontro con il giardinaggio prima e con l’ortoterapia poi, hanno significato proprio questo: diventare un soggetto attivo, capace di attivarsi e di occuparsi del proprio cambiamento, con il desiderio di trasmettere questo principio a tutte le persone che incontro sul mio cammino. Che si tratti di attività formative, divulgative, laboratoriali o interventi veri e propri di ortoterapia, l’intento è di far conoscere il giardino come fosse un racconto di vita, attraverso la narrazione e l’illustrazione, per dare uno strumento in più a che desidera realizzare il proprio di giardino – fisico e metaforico – grazie ad autori e giardinieri che, come inconsapevoli terapeuti (o Maestri, per dirla all’orientale), possono indicarci la Via per disegnare la nostra vita con quanti più colori e pennellate possibili (Daisaku Ikeda).
Immaginare significa evocare possibilità interiori (Ellen Handler Splitz)
Prendendo spunto da questa affermazione, ho riflettuto su quanto i racconti sui giardini e sulla loro realizzazione attraverso il sogno di un proprietario, così come i giardini illustrati che ho incontrato attraverso gli albi, mi abbiano permesso di coltivare e nutrire il mio immaginario, alimentato il desiderio, agevolato la capacità di sognare, di farmi perdere in un tempo sospeso in luoghi del cuore a cui avrei potuto ispirarmi e a storie di vita, magari poi non così lontane dalle mie. Per molto tempo, prima di mettere le mani nella terra, libri ed albi illustrati sono stati per me grande fonte di nutrimento e ispirazione, illuminando il desiderio di manifestare il mio potere creativo. Posso tranquillamente affermare che il desiderio di essere Jo March, ad esempio, sta alla me ragazzina, quanto il desiderio di essere Margery Fish sta alla me adulta: conoscerete di certo la prima, quasi per nulla la seconda, ma credetemi sulla parola, è stata una donna la cui vicenda personale tra giornalismo, vita privata e giardinaggio (da inetta giardiniera a perfetta innovatrice) farebbe venir voglia a chiunque di misurarsi con le proprie capacità! Le storie di giardini, in in definitiva, sono sempre le storie di qualcuno e assistere alla creazione di un giardino attraverso la vita dei suoi proprietari è un’esperienza immersiva che ci dice molto sul potere dell’uno e dell’altro, secondo una reciprocità che, se sperimentata, arricchisce notevolmente la propria consapevolezza.
Un buon albo illustrato, in particolare, ha il pregio di condurre su altri piani rispetto al reale, anche quando è agganciato al reale stesso: apre a riflessioni inconsuete, dice più di quanto espliciti attraverso inferenze e metafore, obbliga a porsi domande. Attraverso l’illustrazione aggiunge al testo altri significati, apre all’immaginazione, dando la possibilità al fruitore di evocare, sognare, immaginare le possibilità verso cui può dipanarsi la propria matassa interiore; ed è quasi sempre facilmente fruibile anche da chi ha capacità cognitive compromesse. Se a questi motivi aggiungiamo la loro grandissima capacità di mediazione nel veicolare significati che vanno oltre la scrittura e il verbale stesso è presto detto perché io li utilizzi come supporto in ortoterapia o semplicemente come guida nei percorsi didattici o creativi che organizzo.
Molti albi illustrati a tema natura, giardino e trasformazione riescono ad evocare mondi interiori che possono diventare mondi possibili attraverso l’arte della cura dei nostri giardini: tutto può scaturire da un verso, da un’immagine, da un non-detto che risuona come un invito a tentare vie sconosciute, autorizza ad essere ciò che non immaginiamo ancora, a credere, soprattutto che il nostro disegno prenderà la forma più fedele a noi stessi, esattamente come accadrebbe in un giardino, dove i numerosi tentativi, i successi e fallimenti nel loro susseguirsi, di anno in anno, permettono di avvicinarsi sempre più all’immagine finale prefigurata.
Se narrare storie che abbiano un inizio ed una fine crea benessere, stimola il cortisolo e abbassa i livelli di stress, la stessa cosa accade quando stiamo in Natura e svolgiamo attività per mezzo della Natura; unire le pratiche quali bagni di foresta, ortoterapia, lettura ad alta voce quando possibile in spazi a contatto con la Natura, o, ancora, ascoltare o leggere storie, albi, racconti che parlino di esperienze in Natura amplia di molto le nostre possibilità di creare benessere per noi e per chi ci circonda. La Natura è ovunque, basta osservare, capire l’interdipendenza, affinare i sensi. Gli artisti sanno indagare la Natura e restituirci infiniti modi di leggerla e viverla attraverso i sensi di cui disponiamo. Tre albi in particolare mi hanno spesso accompagnato nei miei percorsi, raccontando tre modi diversi di vivere il nostro rapporto con la natura.
Ovunque La Natura è un albo di Deborah Underwood e illustrato da Cindy Derby (Terre di Mezzo Editore) la cui narrazione ci porta dentro la natura attraverso gli occhi di una bambina che, come molti suoi coetanei, ha i sensi ben sviluppati e rivolti all’ascolto e all’osservazione del Creato: le immagini acquerellate mostrano così un quotidiano di una casa vicino ad un bosco e di esplorazioni in Natura dove la bambina, davvero piccina rispetto al bosco che la circonda in molte sequenze, è quasi inglobata e, talvolta, persino scompare dall’immagine. La Natura che è ovunque, appunto, entra però anche in casa, attraverso i raggi del sole, oppure
“i semi che diventano frutti e pane caldo,
vestiti che una volta erano nuvole di cotone,
sedie che una volta erano alberi”.
Non mancano all’appello cani, gatti, chiocciole, ragnetti e insetti vari. Tutto in questo racconto parla di possibilità di ricongiungimento con la nostra Casa naturale. I versi che accompagnano le immagini sono brevi e le illustrazioni potrebbero essere lette in autonomia quasi fosse un silent book, un merito questo che lo rende l’albo perfetto anche per chi non sa leggere: Luca, un paziente con compromissione cognitiva importante, incapace quasi di parlare, non se ne staccava più; è stato bello e commovente per me assistere all’attenzione dedicata a sfogliare più e più volte questo libro!
La Natura (Camelozampa editore), dal genio di Emma Adbage, scrittrice e illustratrice, invece, è un racconto illustrato con un’amara ironia che strappa più di un sorriso, ricordandoci tutte le nostre contraddizioni: a partire dal titolo in copertina, che campeggia a piene lettere in stampatello maiuscolo sull’immagine di un paese di villette a schiera con posto auto e piscina annessa, per arrivare alla prima pagina in cui si dice “Fuori dal nostro paesino ci sono altre cose, chiamate la Natura”. E il racconto prosegue mettendo in campo l’alternanza di momenti di esultanza circa la bellezza della Natura a cui seguono comportamenti scriteriati e lamentele nefaste sulla stessa, poiché incapaci di trovare un equilibrio con essa.

“...Il tiglio è il peggiore di tutti, perché ci riempie di foglie anche le macchine! Ci manda al manicomio.
Alla fine qualcuno tira fuori la motosega e abbatte il tiglio con uno schianto.
«OHHH!» gridiamo tutti. «Ora può arrivare l’inverno!»”
(…)
“Dopo undici giorni senza pioggia la piscina è tiepida. I tageti muoiono e non possiamo più fare i cubetti di ghiaccio, perché l’acqua del pozzo è finita.
Per attraversare il giardino bisogna mettersi le scarpe perché l’asfalto brucia al sole.
- Mettetevi all’ombra del grande tiglio, no?! – grida qualcuno.
Ma poi ci ricordiamo che il tiglio lo abbiamo abbattuto e ci abbiamo fatto la grigliata”
I cinque sensi, infine, scritto e illustrato da Anne Crausaz è nuovamente un invito ad osservare il mondo che ci circonda - composto dai quattro elementi - per mezzo dei cinque sensi, a cogliere le bellezze della natura e l’impatto positivo o negativo che possono avere su di esse le attività umane:
L’aria.
Sentire l’odore delle vacanze,
se il vento soffia dalla parte giusta
Poche righe su due immagini potenti ed evocative: il primo verso è sull’immagine illustrata di bagnanti in costume che si godono la bellezza di un’immersione in un mare placido; il secondo verso, invece è sull’immagine in notturna di un mare che si affaccia su una città dalla ciminiere fumanti. Lo schema si ripete, analogamente, ma con un verso unico su due immagini, per un altro elemento
L’acqua.
Bere l’acqua alla sorgente.
La prima illustrazione ci mostra la maestosità dell’acqua che sgorga a zampilla dalla sorgente; è tutto uno strabordare e pare quasi di sentirne il suono. A fianco, la seconda illustrazione, in contrasto con la prima, pone al centro – in tutta la sua staticità - una moderna torre di approvvigionamento dell’acqua potabile: il minimalismo un po’ inquietante della forma in cemento a fungo rovesciato evoca un silenzio tombale. Le dicotomie a cui danno adito le due immagini aprono a grandi temi. Acqua in movimento e acqua statica. Suono e silenzio; e potremmo continuare, perché tutto in questo albo illustrato innesca riflessioni profonde. Si tratta di un albo poetico, dove le immagini comunicano e viaggiano parallelamente al testo e dove si parla di ecologia senza cadere mai nella didascalia retorica di chi vuole insegnare qualcosa a tutti i costi ma anzi, pone domande attraverso le illustrazioni che fanno sorgere altre domande, possibili interpretazioni e molteplici risposte, che è quello che di norma un albo illustrato quando funziona e la buona letteratura in generale dovrebbero fare. I toni del blu intenso e del verde scuro completano questo capolavoro creativo che sembra volerci immergere letteralmente in un bagno tra le foreste del Nord Europa.
"... Imparare a essere consapevoli del bello della natura e del bello dell'arte e metabolizzare l'essenza è una guida che orienta verso l'altezza dello spirito".
"Lo sguardo estetico. Per una metafisica dell' osservazione", Ave Appiano, Meltemi Editore.
Riflessioni preziose con cui sento di avere meravigliose assonanze che hanno a che fare con il mio lavoro. A volte è difficile trovare il proprio ruolo nel mondo ma ci sono altre volte in cui, leggendo semplicemente le parole di qualcun'altro che ha percorso strade diverse, è possibile avvertire una corrispondenza che avvalora le proprie tesi e i propri percorsi e, in definitiva, sentire di avere trovato una "dimora metafisica" in cui rispecchiarsi e sentirsi a proprio agio. Ringrazio Ave Appiano per queste parole, La Chanceria e Un fiore la Domenica, Rossana Orsi e Tamara Barbarossa per avermi dato ospitalità, concedendomi questo spazio di assoluta libertà e sperimentazione.
I giardini che siamo è una rubrica mensile nata proprio con l’intento di illustrare e condividere la bellezza che sento, in quella terra di confine dove convergono saperi ed esperienze in apparenza lontanissime, che tuttavia magicamente sento correlate e capaci di rafforzarsi vicendevolmente, rappresentandomi fedelmente e includendo le molteplici sfaccettature che mi contraddistinguono; perché non voglio scegliere di essere questo o quello, ma voglio essere tutto ciò che il mio giardino può armoniosamente contenere: foglie e textures diverse, sfumature abbinate ad altre, vuoti e pieni, sentieri che si incrociano, materiali che si abbinano ad altri; germogli, annuali, perenni, sempreverdi.
Molti dicono di scegliere, pochi di essere tutto ciò che desideriamo. Auguro a tutti di fremere per la bellezza di un campo di grano e papaveri – come è accaduto a me questa mattina - ammirando lo sfondo, che pareva dipinto, tra montagne e cielo azzurro. Ringrazio, pensando alla fortuna di essere qui mentre ad altri in questo momento storico la follia umana non lo concede. Spero che la natura possa esserci guida e ci aiuti ad illuminare i nostri pensieri affinché tutti possano considerare questo Pianeta come il nostro Giardino.
Testo e fotografie di Milena Bellonotto(@ventodifogli.e)
tratte dagli albi citati nell'articolo
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