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In memoria di Litsa.

  • lachanceria
  • 15 set
  • Tempo di lettura: 2 min

rubrica: A proposito di affetti.


Tempo fa, giunta in Grecia, dove avrei insegnato Italiano nella sezione greca della Scuola Italiana di Atene per quasi 5 anni, cerco un appartamento e ne vedo due, che mi interessano.

Uno, quasi in centro: un piano alto, bello, ampio, ma distante dalla scuola.

L'altro: più piccolo, funzionale e vicino all'edificio scolastico, ma angolato, in modo da non vedere il luogo di lavoro.

Scelgo quest'ultimo, più comodo ed economico.


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Ma non sapevo che il valore aggiunto sarebbero stati i vicini di pianerottolo: Litsa e Manolis, zia e nipote.

Lei, allettata da anni per una malattia neurologica; lui, in pensione anticipata, la accudiva con amore.

All'inizio, parlavo in francese con Litsa, che aveva studiato in un collegio di suore francesi ed era stata un'insegnante, prima che la malattia la colpisse.

Poi parlavamo sempre più di frequente in greco moderno, che mi era stato facile imparare grazie ai miei studi classici.

A volte mi portavano il pranzo o mi invitavano da loro, Litsa e Manolis, affettuosi come molti amici sanno essere.

Quando tornavo in Italia, lasciavo a loro le chiavi di casa e Manolis badava ai miei gatti, che amava moltissimo e che lo ricambiavano di coccole e attenzioni.

Litsa mi raccontava della sua famiglia, scacciata da Smirne insieme a tanti altri greci nel 1922 ad opera dei turchi: una ferita ancora aperta nella storia ellenica.

Ma questa donna conservava nel viso e nei modi la bellezza e la raffinatezza di un tempo.

Finisce il mio mandato all'estero e piangiamo insieme sconsolati, nel momento dei saluti.

Ma prometto di tornare: e così avviene nelle estati successive.

Poi, a Roma, mentre sono in albergo, perché il giorno successivo devo sostenere un altro concorso per l'estero, mi sveglia un fruscio, come un foglio che cade sul pavimento e ci scivoli sopra.

La mattina dopo, per terra non vedo nulla.

Al ritorno a Cagliari, la mia città, Manolis mi comunica che Litsa se n'era andata, placida e serena. 

E mi racconta che la notte prima lei aveva sognato la madre, che l'aspettava.

Chiedo quando sia accaduto: nella stessa notte e alla stessa ora in cui il fruscio notturno mi aveva svegliata.

Sono addolorata e stupita.

Un saluto per me da Litsa, ho pensato.

Un saluto discreto, per non andar via senza dirmi: "Ecco, sono passata da te."


E questo ricordo è il mio omaggio per te: Evanghelia, Evanghelitsa, Litsa.



Testo di Gloria Lai (Le fiabe di Gloria Lai)

Fotografia di Canva


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