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Thora, La chimera e il vagabondo (racconto)

rubrica: Racconti oltre il velo



Presso una calda isola del mediterraneo, in una baia a sud - est lungo la costa, si trova tutt'oggi una scoscesa rupe protetta da pericolosi scogli che si protendono verso il mare. Tra i scintillanti flutti, all'interno delle concavità delle rocce, un tempo vi dimorava la temibile Thora.

I marinai del luogo armati di arpioni e fiocine dagli spuntoni intrisi di veleno, bramavano di catturarla e vendicarsi dei lunghi e possenti tentacoli coi quali affondava le barche dei pescatori locali. Quella temibile chimera era sempre stata solo una leggenda fino a che, un giorno, con l'intensificarsi delle razzie sui fondali marini, riapparve. Col tempo divenne sempre più spietata. Mieteva vittime affamando l'intero villaggio che non poteva più contare sulla pesca e la raccolta di ciò che il mare aveva offerto loro sino a quel momento.

Gli uomini si resero presto conto che uccidere Thora fosse un'impresa titanica, al limite dell'impossibile. Le punte degli arpioni, per quanto avvelenate, riuscivano a malapena a tramortirla per qualche ora e non senza un importante dispendio di vittime. Perciò alcuni temerari marinai, in uno di quei rari momenti in cui l'enorme mollusco si trovava privo di sensi, lo issarono a fatica sulla rupe legandolo ad essa. Utilizzarono spesse corde con le quali fecero nodi così robusti che solo gli stessi avrebbero potuto sciogliere.


Più a est, in un vecchio capanno solitario su di una piccola spiaggia, da qualche anno viveva un uomo giunto dai paesi del profondo nord. Il suo nome era Neil, campava come un vagabondo, non per necessità, ma perché così amava immaginare la sua esistenza. Si fermava nei luoghi giusto il tempo di sentirsi accettato dalle genti che vi abitavano e poi andava via, lasciando dietro sé una scia di libertà, cura e buone maniere a chiunque si fosse preso la briga di conoscerlo.


Dal momento della sua cattura, Thora, legata alla roccia non faceva altro che fiottare e gorgogliare rumorosamente, rendendo le giornate grevi e cariche di tensione. Invece, quando la notte diventava buia e senza stelle, il suo umore mutava. Giunsero i giorni di luna nuova, il cielo pareva una profonda macchia d'inchiostro con il quale nessun marinaio al mondo avrebbe potuto orientarsi. Neil si attardava sul lungomare intagliando legni che poi rivendeva al mercato. In quei momenti, nel silenzio della sera, permetteva alla malinconica melodia di Thora di incantarlo. Così, quando chiudeva gli occhi per riposare, poteva sentirla mentre lo attirava a sé. Non appena la luna crescente apparve alta nel cielo, per nulla intimorito di quel che si diceva sul mostro, s'inoltrò per la scogliera fino a raggiungere la rupe. Il vagabondo s'accorse che l'enorme mole del polpo era scomparsa, al suo posto si trovava invece una bellissima fanciulla dalla pelle violacea e i capelli di salsedine. La giovane piangeva al chiaro di luna consumata dal dolore. Neil aveva viaggiato fin troppo per sapere che quella che si trovava di fronte non era affatto una mostruosità bensì una delle tante figlie del mare. La chimera gli chiese di liberarla affinché potesse tornare a difendere dall'estinzione le specie che dimoravano sui fondali marini. Ma Neil, perplesso, si domandò quali morti avrebbero pesato maggiormente sulla sua coscienza, se quelli degli esseri che abitavano il mare oppure quelli degli uomini che l'avevano accolto con tanto amore.


Fu allora che Thora gli fece la sua proposta:

“Liberami e costruisci una barca. Sulla prua intaglia la polena più bella che si sia mai vista e dagli il mio nome. La tua barca potrà solcare i mari e tornare illesa al porto carica di pesce, se saprai come catturarlo!”

“Mia signora io non sono un pescatore!” rispose l'uomo perplesso.

“Fa’ come ti dico, e diventerai molto più di un semplice vagabondo che si muove sulla terra senza mai toccarla realmente!”

Neil sciolse le spesse corde lasciando che la chimera guadagnasse nuovamente il mare.


Nei giorni seguenti, mentre la popolazione si domandava sgomenta come avesse fatto Thora a sciogliere i nodi che la tenevano ancorata alla rupe, il vagabondo iniziò a costruire la sua barca. Quando infine giunse il momento dell'intaglio della polena i pescatori si armarono nuovamente, studiando nuovi piani per affrontare il temibile mostro dei mari. Ma solo quando la luna fu piena Neil si sentì pronto a calare la sua barca in mare. I caratteri della scritta THORA allora luccicavano argentei, accarezzati dai raggi del luminoso astro.

I pescatori, accompagnati dalle rispettive consorti, si radunarono sulla spiaggia cercando in tutti i modi di trattenerlo, temendo per la vita di quel mite intagliatore di legna. Lui li rassicurò tutti affermando che sarebbe potuto tornare indietro con l'imbarcazione carica di pesce se, quella stessa notte, invece di attentare alla vita di Thora, tutti loro avrebbero intonato dei canti in suo onore con l’intento di rabbonirle l'animo. Le donne del villaggio si convinsero presto che la violenza non avrebbe risolto affatto l'incresciosa situazione quindi nascosero arpioni e fiocine ai propri mariti. Esse confidavano nelle belle parole del vagabondo che prendeva il largo, rischiando a quel modo la sua vita per quella delle loro famiglie. Pur non essendo un pescatore Neil trascorse tutta la notte in mare, accompagnato dal dondolio delle onde e dai canti che giungevano concilianti dalla riva. Come promesso il mattino seguente tornò al molo con la barca carica di pesce fra le esclamazioni di meraviglia degli uomini che, per tutta la notte, avevano osteggiato le proprie consorti. Nelle settimane successive Neil uscì ogni sera con la sua barca, ed ogni sera le donne cantavano cosicché la mattina il vagabondo potesse tornare col carico di pesce che poi distribuiva loro senza chiedere nulla in cambio. I pescatori dopo essersi arresi all'evidenza, a turno, decisero di accompagnarlo. Con lui riscoprirono il rispetto per il mare che con l'andare del tempo avevano finito per dimenticare, pressati da bisogni materiali di cui si erano convinti di non poter fare a meno. Neil smise di attraversare la terra senza farne veramente parte. Da quel giorno il suo capanno si ingrandì diventando una scuola d'intaglio di polene. Durante le lezioni amava raccontare la storia di Thora e di come il lato oscuro e quello meraviglioso del mare siano entrambi necessari affinché tutto rimanga in perfetto equilibrio. La chimera tornò ad essere una leggenda, si dice che le canzoni che i marinai amino cantare nel tempo del lavoro siano state ispirate proprio da lei, in una piccola baia, presso una calda e remota isola del mediterraneo.



Testo di Tamara Barbarossa (@tamara_barbarossa)

Illustrazione di Barbara Aimi (@aimi.barbara)

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