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PE D'OCA

rubrica: Nella Terra delle Madri


IL POPOLO DEI PE D’OCA E IL ROC DELLE FATE

In tutto il Piemonte corrono voci dell’esistenza di un antico popolo dai piedi d’oca. Le loro zampe palmate hanno lasciato impronte in gran parte della regione ma su di essi ci sono perlopiù solo vaghi sussurri: l’unico ricordo certo è la particolarità del loro piede. Tuttavia è rimasto, nel biellese, un paese che custodisce una memoria più precisa ed è il paese di Netro. Si dice che proprio lì, infatti, abitassero i Pe d’Oca, nelle montagne sopra il paese, nelle Tane d’Jafe, le Tane delle Fate.

I netresi custodiscono cara la leggenda, che è insieme memoria e rimpianto, dei pe d’oca e di come essi lasciarono per sempre la loro terra e le montagne.

LA LEGGENDA DEI PE D’OCA

Tanto tanto tempo fa, quando il mondo era più semplice, viveva un popolo con i piedi d’oca che abitava sulle montagne sopra il paesino di Netro. I netresi si accorsero della loro esistenza perché un giorno videro del fumo sulla montagna e capirono che qualcuno dimorava in quella zona. Un netrese più coraggioso degli altri si avventurò sui monti con i prodotti più buoni raccolti dal suo orto e così conobbe gli “stranieri” che lo accolsero con gioia accettando il suo dono vegetale e donandogli in cambio un sacchettino ricolmo di oro. L’abitante di Netro tornò al paese e raccontò che gli “stranieri” erano belli, forti e vigorosi, avevano capelli lunghi e biondi e indossavano lunghe tuniche ed ovviamente non poté nascondere il dono dell’oro. Fu così che i rapporti tra tutta la popolazione di Netro e gli stranieri che dimoravano nelle Tane delle Fate si fecero più frequenti. Gli “stranieri” erano cordiali e generosi e donavano sempre un po’ di oro ad ogni visita. I Netresi però erano curiosi e si domandavano perché gli “stranieri” portassero sempre quelle lunghe tuniche così studiarono un piano per scoprirlo: organizzarono una festa di benvenuto nel paese ed invitarono ovviamente gli “stranieri” che scesero al villaggio con le loro tuniche più belle. Durante la festa aprirono l’acqua della roggia affinché allagasse la piazza e così gli “stranieri” furono costretti ad alzare le loro vesti ed a mostrare i loro piedi: erano piedi d’oca! I Netresi risero molto per questo dettaglio e presero in giro gli “stranieri” facendo loro il verso delle oche.

“Il popolo straniero, offeso ed umiliato, abbandonò al più presto il paese. Se ne andò lontano e non tornò mai più portando con sé il segreto dell’oro.”

“I Pe d’oca se ne vanno e non faranno ritorno mai più e i netresi se ne pentiranno”

IL SENTIERO DEI PEDOCA

A questo racconto ed al popolo dei Pe d'oca è dedicato un bel sentiero storico-naturalistico che parte dalla Piazza di Netro per raggiungere il Roc d'Jafè, la tana delle fate. Il sentiero è stato attrezzato grazie ai bambini della scuola primaria di Netro che durante l'anno scolastico 2008/2009 hanno lavorato alla leggenda locale in modo multidisciplinare.

Il percorso è suggestivo ma non facile (o almeno per me non lo è stato), si snoda per la maggior parte in ripida salita e dà poco spazio per il respiro ed il riposo delle gambe. Tuttavia vale ogni secondo di fatica compiuto.

La prima parte del sentiero, che da Netro giunge fino a Moje, è segnata da undici cartelli di legno, contrassegnati dalla zampa dell'oca, che narrano la storia in modo simile a quanto ho cercato di fare qui rispettando ciò che ho letto. La storia è un'ottima compagna di viaggio insieme ad altri interessanti ed utili cartelli che spiegano la flora e la fauna della zona; sono anche un ottimo espediente per fermarsi e riprendere fiato e forze. Betulle, noccioli e castagni costeggiano il sentiero e lo ombreggiano piacevolmente. Il bosco è tutt’attorno e la strada lo attraversa.

La seconda e ultima parte del sentiero si snoda da Moje sino al Roc d'Jafe e l'unica compagna è la natura ma le zampe dell'oca non ci abbandonano perché si trovano su tutti i piccoli cartelli da seguire per trovare la giusta via. Inizialmente si è ancora nel bosco ma ben presto il paesaggio si apre per lasciar spazio alla montagna ed al vallone ed il panorama inizia ad essere davvero spettacolare.

Era da tanto tempo che desideravo percorrere il Sentiero dei Pe d'oca affascinata dalla loro storia, che ho trovato in fantasiose varianti sul web ed ho invece ritrovato qui nella sua semplicità, che è la caratteristica propria di tutte le narrazioni più antiche.

Sui Pe d’oca ho letto varie interpretazioni la più famosa delle quali li vorrebbe essere un popolo celtico giunto da lontano sulle montagne. Anche la leggenda di Netro li vede come un popolo straniero. Tuttavia credo che il loro segreto stia nel nome del luogo che li vede di casa: Roc d’Jafe, la tana delle Fate. Le Fate, l’antico buon popolo benefico e gioioso custode dei misteri della terra, che protegge il bestiame e che mantiene l’armonia di tutta la natura.

La loro leggenda mi ha ricordato altre narrazioni folkloriche su genti fatate pronte a dare i loro doni ma altrettanto pronte a fuggire o a negarsi quando il rispetto veniva meno o qualche divieto veniva infranto o quando l’animo umano si dimostrava gretto ed immeritevole.

“I Pe d’oca se ne vanno e non faranno ritorno mai più ed i netresi se ne pentiranno” Questa frase è scritta sull’ultimo cartello del racconto ed è vera non solo per Netro ed i Pe d’oca ma per ogni zona del nostro occidente moderno in cui il Buon Popolo ormai è così celato da sembrarci, o da effettivamente essere, inesistente. E noi non ce ne siamo ancora pentiti abbastanza.

Sia come sia la Terra custodisce la memoria e giungere al Roc d’Jafe è una fatica bellissima. Il Roc d’Jafe propriamente detto è un insieme di rocce maestoso quando ammirato dal basso ed arrivando di lato sembra quasi che il suo profilo abbia fattezze umane. Ciò che più mi ha colpita, salendo, sono tutti gli altri complessi rocciosi presenti, tanto che all’inizio non riuscivo a comprendere quale fosse il Roc d’Jafe; ognuno di essi poteva esserlo. Sentivo attorno a me molte tane delle Fate, una sensazione molto dolce.

Arrivati finalmente in cima un grade spazio erboso permette di sostare vicino alle pietre di cui si vedono solo poche estremità rispetto a tutto ciò che si ammira salendo. Il panorama toglie il fiato. Tutta la pianura sottostante si stende davanti allo sguardo. Un piccolo lago, visibilissimo già dalla parte più bassa del sentiero, che studiando le mappe dovrebbe essere l Lago dell’Ingagna (Mongrando) è come una piccola goccia blu nel verde circostante e forse, voltando lo sguardo sulla destra, è visibile anche il Lago di Viverone.

Nel silenzio, nella solitudine e nel vento che soffia è impossibile non sentirsi molto piccoli rispetto alla maestosità della Terra davanti a noi e della Montagna alle nostre spalle.

Alcune delle rocce della Tana delle Fate (ne ho contate tre) sono incise con delle piccole croci, o X. Non si sa esattamente a che epoca risalgano le incisioni, né chi le abbia fatte o cosa rappresentino. Nel mio amore per l’archeo-mitologia e gli studi di Marija Gimbutas leggo, nel suo famoso “Il linguaggio della Dea”, che la X è “segno quadrangolare ed emblema della Dea Uccello” ed allora mi piace sognare un po’ che quelle X siano segni lasciati dai Pe d’Oca, il Buon popolo gentile custode dei misteri della terra, capace di donare l’Oro non solo in quanto metallo prezioso, io credo, ma non è questo un mistero da indagare ora.

Ho camminato dove loro hanno posato le loro zampe palmate. Se ne sono andati ma forse non ancora del tutto. Allora con gli occhi colmi di meraviglia prendo la strada per il ritorno, cercando di portare nel cuore ciò che mi hanno mostrato durante la via e di portare con me la loro memoria ed il desiderio sincero di loro così che forse, prima o poi, potranno tornare, come oche migratrici e fare del mondo nuovamente un luogo sicuro ricolmandolo delle Armonie Antiche.

PICCOLE ACCORTEZZE LUNGO IL SENTIERO

Se desiderate percorrere il Sentiero dei Pe d’Oca ecco alcune cose da sapere.

Punto di partenza: Netro. Piazza Vittorio Veneto. Altitudine 606 mt

Punto di arrivo: La Tana delle Fate. Altitudine 1247 mt

Tempo di percorrenza: Con il mio passo lento e tante soste circa un paio di ore scarse per raggiungere il Roc e un’ora e poco più per il ritorno.

Portate con voi almeno due borracce di acqua. Lungo la strada non ci sono posti per riempirle e, credetemi, vi servirà. Vestitevi a strati. È possibile che sopra tiri il vento e faccia freschino. Avere un cappellino è sempre una buona idea.

La Montagna è la casa della Natura vegetale ed animale. Se vedete animali (io ho incontrato vari amici sul sentiero, serpentelli e ramarri per lo più) ammirateli, non infastiditeli e andate avanti. Siate rispettosi. Portate via i vostri rifiuti. La Natura vi regala Bellezza, cercate di donargliene altrettanta in cambio e di lasciarla intatta.


Testo e fotografie di Valeria Aliberti.

Le stanze di Saffo: il sito.


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